Se solo ci fermassimo tutti un minuto a riflettere sulla differenza fra parlare e comunicare…
Parlare è gettare il sasso in uno stagno. Comunicare è costruire un mosaico con i sassolini di tutti gli interlocutori. A volte somiglierà di più a quello che avrei costruito da sola, a volte si discosterà. A volte avremo vinto entrambi ma non al 100% ma così avrà vinto la nostra relazione, perché avremo comunicato, condiviso, ci saremo ascoltati. Ci sarà un qualcosa di nuovo, di nostro, un ‘uno’ che potrà essere migliore della somma di due ego a confronto.
Quanto siamo ahimè distanti da questo scambio costruttivo. I pareri contrari troppo spesso non si pongono a confronto: ciascuno butta la propria idea ben spiegata e argomentata in un lago, per giunta amico. L’interlocutore fa lo stesso, butta il suo contro-sasso nel suo lago amico. Così ciascuno costruisce un muro attraverso i propri sassi, fatti spesso di parole violente, volgari, giudicanti, sterili.
E i laghi diventano sterili, perdono l’aria e l’acqua fresca che entrando destabilizzano, increspano, ma allo stesso tempo nutrono, rivitalizzano. E così si trasformano in stagni. E tutto resta fermo, uguale a sé stesso, non si cresce mai perché manca il confronto ad uno stesso tavolo, in presenza e in disponibilità a trovare una verità condivisa e la soluzione migliore per il bene di tutte le persone coinvolte, considerato da tutte le sfaccettature necessarie. Trovare una soluzione che non snatura gli interlocutori ma che li realizza realizzando insieme un progetto comune.
I muri fatti di monologhi, di opinioni e convinzioni, si alzano così sempre più, e chiudono: chiudono la consapevolezza, l’intelligenza, la possibilità di lasciarsi trasformare per un bene comune.
La volontà di comunicare e crescere insieme apre invece finestre, fa entrare aria luce, vento. E lo fa attraverso un linguaggio gentile, fermo, chiaro, rispettoso dell’altro e insieme di sé.
Ci vuole forza personale, autorevolezza, autostima e sicurezza in sé per aprire una finestra sul mondo dell’altro, sulle sue opinioni. Ci vuole il coraggio di lasciarsi trasformare dall’incontro con l’altro senza per questo snaturarsi, certi che, se questo avverrà, sarà per costruire qualcosa in cui ci realizziamo ciascuno più pienamente. Quanta fragilità e insicurezza è presente nella violenza!
Questo prezioso libro di Marshall Rosenberg non è solo un aiuto a conoscere meglio le dinamiche comunicative, ma dona tanti piccoli e grandi strumenti concreti per tradurre le intenzioni nella pratica: attraverso parole, ritmi, domande a sé stessi e agli altri che aiutano a sciogliere i muri interiori ed esteriori con cui ci impediamo di manifestarci in pienezza!

Mi sento così condannata dalle tue parole,
mi sento giudicata e allontanata,
prima ancora di aver capito bene.
Era questo che intendevi dire?
Prima che io mi alzi in mia difesa,
prima che parli con dolore o paura,
prima che costruisca un muro di parole,
dimmi, ho davvero compreso bene?
Le parole sono finestre, oppure muri,
ci imprigionano o ci danno la libertà.
Quando parlo e quando ascolto,
possa la luce dell’amore splendere attraverso me.
Ci sono cose che ho bisogno di dire,
cose che per me significano tanto,
se le mie parole non servono a chiarirle,
mi aiuterai a liberarmi?
Se sembra che io ti abbia sminuito.
Se ti è parso che non mi importasse,
prova ad ascoltare oltre le mie parole
i sentimenti che condividiamo.
RUTH BEBERMEYER
Tratto da:
Le parole sono finestre [oppure muri], Marshall B. Rosenberg, Esserci Edizioni (2003)